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Parola di Cuoco

IERI

Barattoli di spezie e cucchiai di legno erano i miei giochi da bambino. Nella cucina di Nonna mi divertivo aspettando mia Madre che la aiutava nella nostra trattoria.

Bellissimi ricordi ho anche delle estati alla festa dell’Unità del paese, dove passavo intere giornate con le massaie anziane, preparando pasta fresca e sugo di rane. A 14 anni iniziai la scuola alberghiera. Il mio primo grande Maestro, Alfredo Silighini, capì che potevo diventare un buon “sporca padelle” e mi dette l’opportunità di entrare in uno dei templi della cucina Italiana: il Ristorante San Domenico di Imola.
Qui conobbi la persona che mi fece innamorare di questo lavoro, Valentino Marcattilii, che nella sua brigata di allora vantava personaggi come Giancarlo Perbellini, Paul Bartolotta, Pascal Piermattei, Renato Rizzardi, Leonardo Mantovani, Franco Lazzari e tanti altri che mi perdoneranno se non cito, ma che ancora oggi sono ottimi amici (e ottimi Chef).
Poi a 17 anni l’apertura del San Domenico a New York con Paul Bartolotta e Lorenzo Boni, maestro di professionalità. A seguire il Cipriani di New York, svariati ristoranti stellati italiani e una fantastica esperienza durata undici anni in Barilla dove la mia vita è cambiata.
Da Executive Chef di Academia Barilla ho appreso nozioni manageriali grazie alla pazienza di Gianluigi Zenti e di Enrico Scattolini. In questi undici anni ho avuto il piacere e l’onore di poter servire banchetti e cene in tutto il mondo, rappresentando la cucina italiana per una delle aziende più stimate d’Europa che ancora porto nel cuore.

OGGI

Io credo che la buona cucina sia un connubio tra amore e passione, l’uso sapiente delle nuove tecnologie abbinato a materie prime di primissima qualità.
Ma la vera cucina deve servire per allietare gli ospiti, e fare gioire i palati e non per far notizia.
Ricordo l’aforisma di un grande imprenditore che calza a pennello: “Le anatre depongono le loro uova in silenzio. Le galline invece starnazzano come impazzite. Qual è la conseguenza? Tutto il mondo mangia uova di gallina”. (Henry Ford)

In questo piacevole esercizio di memoria ho ricordato le persone che hanno fatto parte del mio passato, anche per ringraziarle per quello che mi hanno trasmesso. Credo anche, che oggi si fa molta fatica riconoscere che non si nasce imparati, ma di sovente si impara grazie alla pazienza di altri e penso che un po’più di umiltà e modestia nel riconoscere questo potrebbe giovare a tutti.
Infine a chi ha la fortuna di poter insegnare o tramandare qualche cosa, ricordo le parole di un grande: “Se vedi un affamato non dargli del riso: insegnagli a coltivarlo”. (Confucio)

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